sfatiamo alcuni miti falsi del pellet ( FAQ sul pellet)

Negli anni esperienze negative e positive con l’uno o con l’altro tipo di pellet hanno dato origine a tutta una serie di teorie attorno al pellet, più o meno convergenti. La maggior parte di queste sono convinzioni basate sul nulla ma, nonostante questo, sono andate via via consolidandosi. E’ giunto il momento di sfatare alcuni di questi miti attorno al pellet.

IL PELLET AUSTRIACO E’ IL MIGLIORE – FALSO

Ma cosa significa?? E’ come dire pellet italiano…in Italia ci sono ottimi pellet e pellet indecenti, quindi questo è valido anche per altri paesi. E’ stata creata un’etichetta che fa sorridere gli austriaci sotto i baffi della stupidità dei consumatori…Italiani in particolar modo, visto che uno dei maggiori importatori dall’Austria è proprio il nostro Paese.

IL PELLET MIGLIORE E’ QUELLO BIANCO – FALSO

Non c’è una corrispondenza diretta tra colore del pellet e qualità del pellet. Addirittura molto produttori sarebbero disposti a dimostrare come con la stessa segatura, variando alcune impostazioni dei macchinari, si possano ottenere pellet dalle differenti tonalità. In linea mi massima i pellet più chiari sono quelli di abete, mentre tinte tendenti al nocciola sono tipiche del faggio, tuttavia da un dato colore del pellet risulta quanto mai improbabile risalire al tipo di legno che questo contiene.

IL PELLET MIGLIORE E’ QUELLO DI FAGGIO – FALSO

Non esiste una corrispondenza diretta tra il tipo di legno con cui è stato fabbricato il pellet e la qualità del pellet. Anche se alcuni legni sono tendenzialmente più adatti ad essere bruciati, può accadere che questi presentino valori di umidità residua così elevati da impoverire la loro qualità potenziale. Quando si parla di qualità, specialmente nel caso del pellet, i fattori che entrano in gioco sono una moltitudine, pertanto, non si può banalizzare formulando un giudizio ancorché approssimativo in base al tipo di legno utilizzato. In buona sostanza, quando dobbiamo giudicare un pellet non andiamo ad informarci se è stato fatto con abete (o altre resinose) o faggio (o altre latifoglie) se non dopo aver dato un occhiata ai parametri in etichetta (vedi sezione Qualità del Pellet).

UN PELLET DA 5.000 KCAL – FALSO

Impossibile! Al massimo un legno può sprigionare intorno alle 4.700 Kcal/Kg, più realisticamente per il pellet questo valore scende addirittura al di sotto delle 4.600 Kcal/Kg. Pertanto quando troviamo scritto sul sacchetto valori superiori abbiamo la certezza che il produttore si è “confuso” l’unità di misura, magari voleva scrivere 5 KWh/Kg, ossia 4.300 Kcal/Kg. E’ frequente che i produttori, specialmente quelli che trattano pellet con un potere calorifico scarso, scrivano il valore in KWh piuttosto che in Kcal infatti questo espediente commerciale ha il potere di gonfiare apparentemente la bontà del pellet. Tanto per fare un esempio: un pellet con 4,9 KWh/Kg di potere calorifico potrebbe sembrare agli occhi di un profano migliore di uno da 4.500 Kcal/Kg, invece è l’esatto contrario infatti 4,9 KWh corrispondono a 4.214 Kcal.

SUPERFICIE LUCIDA ergo PELLET TRATTATO CHIMICAMENTE – FALSO

Contrariamente a ciò che si pensa l’aspetto lucido che assumono i cilindretti di pellet al loro esterno è cosa completamente naturale. Si verifica che la lignina, componente principale di tutti i tipi di legno, sottoposta ad elevate pressioni, quindi elevate temperature, in fase di pellettizzazione modifica la propria struttura molecolare per riaggregarsi in una forma nuova (un po’ come se facessimo sciogliere una barretta di cioccolato fondente e quindi aspettassimo che si raffreddasse di nuovo). La veridicità di questo teoria è verificabile analizzando la sezione di un cilindretto di pellet spezzandolo: a differenza della superficie la sezione apparirà opaca e la frattura non vitrea.

PRODOTTO DALLA NOTA AZIENDA “XXX” ergo PELLET’ DI QUALITA’ – FALSO

E’ il caso di dire che “l’abito non fa il monaco”. A differenza di quanto succede con altri prodotti, nel mondo del pellet non è sempre semplice creare una linea di prodotto omogenea negli anni e spesso anche durante la stessa stagione in quanto si ha a che fare con una materia prima organica non modificabile. Nonostante questo, note compagnie operanti nel settore del riscaldamento, commercializzano grossi quantitativi di pellet con lo stesso sacchetto. In realtà ci stanno vendendo un marchio, non un buon pellet, o quantomeno questa seconda affermazione sarebbe da testare di volta in volta a rischio del consumatore. La tristezza è che nell’era del consumismo il consumatore abbocca alle esche e paga caro un pellet solo perché “griffato”. Questo è veramente troppo…ok alle griffe per abiti ed accessori di tendenza ma non per il pellet!

IL PELLET LUNGO\CORTO INTASA LA STUFA – FALSO

Fosse per le signore il dilemma “lungo o corto” sarebbe già risolto. Tuttavia nel caso del pellet la soluzione non è così semplice. I rivenditori impazziscono di fronte alle richieste contraddittorie dei consumatori in quanto taluni preferiscono pellet intorno ad 1 centimetro, altri intorno ai 3 centimetri ed il bello è che i primi sostengono che è il pellet più lungo ad intasare le stufe mentre i secondi sono pronti a scommettere che è il pellet troppo sbriciolato a farci correre questo rischio. Come sempre la verità sta nel mezzo. La giusta dimensione dei cilindretti di pellet dovrebbe essere compresa per lo più tra 1 e 3 cm e se un pellet di questo tipo intasa la stufa, cominciamo a pensare che è la nostra stufa ad avere qualche problema.